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TV MORALE & PAILLETTES

6/2/2010
R2 CULT
Il caso Morgan ha molti precedenti: da Mina a Luttazzi, spesso la televisione ha voluto dare lezioni di morale al pubblico escludendo personaggi "trasgressivi" Ma d' altronde tra veline seminude, tronisti e programmi demenziali lo schermo è un pulpito - poco credibile. E la censura stessa è diventata parte dello show

A parte Morgan, che rinuncia a un’ apparizione televisiva di cinque minuti a Sanremo durante due ore di presenza televisiva a Porta a porta, ci vorrà un po’ di memoria storica, per il Festival e fuori dal Festival, e nel mondo artistico più generale, per confrontare comportamenti privati e moralità tv: con la banale consapevolezza che l’ etica pubblica richiesta a cantanti e attori è esattamente il contrario di ciò che appare in via non troppo subliminale in tv. Se non castità, almeno sobrietà, ecco ciò che si pretende nei momenti topici dell’ etica da talk show; ma nel frattempo, in ogni programma, le ragazze sono seminude e i protagonisti maschili, i tronisti o aspiranti tali, cercano di proporsi come sex heroes. Sicché fa lievemente sorridere Morgan, ridiventato nella nostra civiltà Marco Castoldi, che dopo essersi presentato come l’ artista maudit, ogni volta citando Rimbaud e Verlaine, viene tutto contrito a Porta a porta a tenere discorsetti morali su quanto è brutta la droga. Sono metamorfosi che avvengono nel giro di quarantott’ ore, e quindi valgono ciò che valgono. Abbiamo avuto anche ex capi di governo che hanno rivendicato l’ uso della cocaina in via terapeutica, e qui vale il diritto all’ oblio. D’ altronde, sarebbe il caso di ricordare che scandali ed etica televisiva convivono da più di mezzo secolo, coca o non coca. Una volta non erano necessari additivi chimici per uscire dal gruppo. A Sanremo, Festival del 1959, la cantante Jula De Palma, apprezzatissima dai musicisti dell’ epoca come Lelio Luttazzie Gorni Kramer, si giocò praticamente la carriera con l’ interpretazione troppo sexy, languida, profonda, sensuale di Tua (Pallesi-Malgoni), guadagnandosi l’ esorcismo della tv braghettona, nonostante il quarto posto sancito dalle giurie dell’ epoca e una serie di successivi successi personali. ra uno scandaletto da niente. Ma quasi ufficializzato da "funzionari Rai", anonimi che evidentemente si consideravano titolari dell’ etica e non potevano rinunciare a marcare il territorio della morale in tv. Il vero scandalo successivo fu l’ annuncio della maternità di Mina, uno schiaffo ai codici dell’ epoca, che comportò la scomunica, o meglio la squalifica, della cantante a causa del suo legame con l’ attore Corrado Pani («coccolato dal bel mondo femminile milanese e romano», sposato da tre anni con Renata Monteduro). Come accade ai grandissimi, a soli vent’ anni Mina accolse le sanzioni della Rai con perfetta souplesse, e si mise a polemizzare con preti vari, sostenendo che invece di condannare la peccatrice dovevano andare alla ricerca della pecorella smarrita. Ci fu uno scambio di lettere pubbliche con una delle massime autorità del tempo in fatto di morale, padre Virginio Rotondi, mentre Mina era divenuta spregiativamente "l’ urlatrice": il sacerdote invocava la morale cristiana e lei ribatteva con lieta, evangelica sfrontatezza «chi è senza peccato scagli la prima pietra», finché padre Rotondi concluse la diatriba concedendo il perdono e dicendosi disposto, per dare un segno cristiano, a dare «la mia stessa vita» in cambio del ritorno della cantante alla grazia cristiana. Esagerazioni d’ epoca? Erano tempi in cui i comportamenti sessuali risultavano più plateali sul piano della morale di quanto non fosse la droga. Umberto Bindi vide distrutta la sua carriera a causa della sua omosessualità, talvolta crudelmente rilevata dal pubblico nei teatri. Era forse il migliore cantautore italiano, ma penalizzato dall’ aspetto fisico, dall’ abbigliamento esagerato e da atteggiamenti gay divistici, come quando contemplava piccoli gioielli in scatoline preziose per reagire alla tristezza (lo scrisse Oriana Fallaci in un memorabile reportage da Sanremo nel 1961). Per arrivare alla trasgressione chimica, quella che fino a qualche stagione fa incuriosiva di più il pubblico (secondo i sociologi ormai la cocaina è una sostanza ludica, diffusa in tutti gli strati sociali), occorre arrivare alle disgrazie giuridiche di Walter Chiari e Lelio Luttazzi: settanta giorni di carcere per Walter Chiari, con l’ assoluzione dall’ accusa di spaccio e la condanna con la condizionale per il consumo; Luttazzi fu completamente scagionato, ma la sua carriera venne travolta. Era il giugno del 1970, e allora la moralità televisiva doveva essere tutelata costi quel che costi. Dovevano passare alcuni anni per assistere a un altro trucido show della moralità in tv, ossia ai giorni dell’ arresto e della detenzione di Enzo Tortora, fermato per associazione camorristica (sette mesi di carcere, dieci anni di condanna sulla parola di alcuni pentiti, e sullo sfondo il traffico di droga). Ma per valutare l’ aspetto più "divertente" della cocaina occorre arrivare al re degli sballati, Vasco Rossi, che fin dagli esordi teorizzava, variazioni ortografiche incluse: «Dieci gocce di Valium per dormire melio… Venti gocce di Valium per non restare svelio tutta la notte a contare le gatte, quelle con una macchia nera sul muso nelle soffitte vicino al mare». Lo arrestano una notte del 1984, gli trovano 26 grammi di coca (l’ accusa dice che sono gli avanzi di una partita di mezzo chilo), lo spediscono in un carcere vicino a Pesaro, dove rimane per una ventina di giorni. Quattro anni dopo verrà arrestato perché in possesso di un grammo e mezzo. Tuttavia Vasco non sembra prendersela tanto. A Sanremo, nel 1983, aveva cantato con grande successo Vita spericolata, evocando «una vita piena di guai». Poi aveva irriso le autorità morali con Bollicine, dove il riferimento ironico alla coca era trasparente: «CocaCola… e sei protagonista… Coca-Cola… per l’ uomo che non deve chiedere mai!». Come dire: siamo tutti nella stessa barca, ragazzi, non raccontiamoci storielle. Si può restare nella normalità e nella moralità televisiva, nell’ etica della tv, accettandone i codici ufficiali. Oppure lavorare per linee interne, non immediatamente percepibili: il leader dei Baustelle, Francesco Bianconi, scrive per Irene Grandi una canzone, Bruci la città, che sembra alludere all’ irrinunciabilità di un rapporto orale, mentre fuori tutto infuria; oppure sempre i Baustelle che cantano l’ "mdma", cioè il principio attivo dell’ ecstasy, la droga meno sociale, più individualistica che esista. Ma forse, a pensarci, lo scandalo vero avviene molto prima, con la televisione degli anni Ottanta. È con Drive in che cambiano le modalità e le convenzioni televisive. Dove l’ etica diviene doppia. La tv bigotta, pur restando bigotta, lascia insinuare dentro se stessa la tv berlusconiana, sexy, attraente, ricca ideologicamente di una concezione della vita tutta orientata al piacere. " Oportet ut scandala eveniant ". Ma lo scandalo di Morgan è uno scandaletto, dentro all’ etica doppia della tv, tutto circoscritto al mondo di X Factor: al momento opportuno, lo punisca Claudia Mori.

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