gli articoli LA STAMPA/

SE IL POLO BATTE UN COLPO

03.10.1998

Una concezione meccanica del bipolarismo sta portando l’opposizione ad autoescludersi dalla vicenda politica. Come risultato, la crisi del governo Prodi viene percepita come un processo che avviene tutto dentro il cerchio stregato e intoccabile del centrosinistra, come se fosse un cupio dissolvi autogestito, e con il centrodestra che se ne sta beato a guardare. Si tratta di valutare in primo luogo se la logica bipolare contempli come unica strategia per l’opposizione quella di assistere inerte allo spettacolo della coalizione avversa che va in pezzi. Oppure se non sia il caso di agire politicamente, di intervenire nella crisi, di prendere iniziative per condizionare il succedersi degli avvenimenti. Per varie settimane il Polo si è limitato a guardare con scetticismo quella che ha considerato a lungo l’ennesima sceneggiata di Bertinotti, per poi manifestare un interesse esclusivamente estetico per l’aggravarsi della frattura nella maggioranza. Berlusconi ha diramato i soliti sondaggi prodigiosi, Fini e Casini hanno ripetuto di aspettarsi il solito mediocre compromesso capace di salvare in extremis il centrosinistra. E adesso, mentre la crisi raggiunge ogni giorno livelli crescenti di gravità, il Polo continua a fare da spettatore, ancora del tutto avulso dal gioco. Sarà rigorosamente bipolare, ma questa non è una strategia. È tutt’alpiù voyeurismo politico. Guardare da fuori ciò che avviene dentro la maggioranza può portare a qualche soddisfazione vicaria, ma difficilmente a risultati politici di qualche entità. Fossimo ancora nella Prima repubblica, davanti a una crisi seria avremmo assistito a un lavorio di diplomazie, a contatti fra correnti contigue di partiti opposti, a tentativi dell’opposizione di modificare gli equilibri di potere e comunque di esercitare un’influenza sulla ssfumatura finale delle soluzioni. Ieri l’eccesso, cioè i balletti partitocratici, adesso il nulla. Con il risultato che il protagonista assoluto della crisi, a parte Bertinotti, è inevitabilmente Cossiga con i suoi ultimi indiani centristi, l’unico uomo politico che perlomeno ha cominciato ad aggirarsi intorno al recinto dell’Ulivo e a sollevare nuvole di fumo e ipotesi politiche. Ciò che sembra sfuggire ai capi del Polo è che l’estraneità tende inevitabilmente a confermare se stessa: restare fuori adesso significa avere buone probabilità di restare fuori anche in futuro. Non ci sono infatti, malgrado gli avvertimenti lanciati per dovere d’ufficio di D’Alema, ragionevoli possibilità di elezioni anticipate. La finanziaria deve essere approvata in ogni caso, pena un cataclisma nazionale. Il realismo comunista di Cossutta si pone con una certa angoscia il problema dei contraccolpi che avrebbe l’accusa di riconsegnare l’Italia alla destra. Tutto questo mentre l’intelligenza politica di Cossiga è alla ricerca dell’occasione migliore per dare un ruolo risolutivo all’Udr, eventualmente sotto il manto dell’interesse nazionale, della laica responsabilità civica, del cristianissimo bene comune. Tutti sono in movimento quindi, tranne il Polo. Ma può uno schieramento politico aspettare la caduta di Gerico semplicemente facendo squillare di tanto in tanto le cattiverie antigovernative di Tremonti o le certezze apodittiche dei Pisanu e dei La Loggia? Oppure non sarebbe il caso di cercare di inserirsi nelle pieghe della crisi, per individuare un punto critico ed eventualmente per forzare la situazione e orientarla a proprio vantaggio? Di per sé l’interesse del Polo e in particolare di Forza Italia è definibile semplicemente: il centrodestra ha bisogno di assecondare la crisi del centrosinistra e di mettere in rilievo i limiti dell’Ulivo, ma con i comportamenti di una forza moderata e responsabile, senza passare per il partito dello sfascio. Su un piano diverso, ma politicamente cruciale, il centrodestra ha la necessità di battere strategicamente Cossiga e l’Udr, cioè chi è portatore di un’alternativa secca di riaggregazione del centro moderato. C’è un modo per ottenere questi obiettivi? C’è sicuramente se il Polo è capace di mettere in discussione la sua linea di condotta, se accetta di rimettersi in partita, se non si fa incantare dalla propria sdegnosa solitudine. Uno fra questi modi, forse il più clamoroso ma non certo il più irrazionale, consisterebbe per esempio nel presentarsi davanti all’opinione pubblica e di annunciare ufficialmente che il centrodestra, per una bella e nobile serie di ragioni, decide di votare la finanziaria del governo Prodi, senza contropartite. Le conseguenze di una decisione del genere possono essere soltanto immaginate. Ma vogliamo elencarne qualcuna? Grave e forse definitiva battuta d’arresto dell’Udr, imbarazzo della maggioranza, interesse dei Popolari e di tutta l’area centrista dell’Ulivo, dimostrazione di responsabilità politica, successo d’immagine fra i cittadini, e via a catena. Sono effetti virtuali, naturalmente, dal momento che nessuno nel Polo sembra particolarmente desideroso di uscire dall’isolamento. Quindi allo stato dei fatti è fantapolitica. Ma o ci sono iniziative di questo tipo, originali, decise con piglio manovriero, anche politicamente sfrontate e bipolarmente eretiche, oppure il Polo si esibirà ancora una volta nel suo piccolo Aventino antigovernativo, la regolare specialità di fine anno che non maschera del tutto la sua inefficacia politica.

Facebook Twitter Google Email Email