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SE FINI STRIZZA L’OCCHIO

19.10.1998

Il Polo si sta lentamente riprendendo dallo shock provocato dal contratto che sta per essere stipulato fra D’Alema e Cossiga. Ieri, nella Sala della Regina della Camera, durante l’assemblea dei parlamentari del centrodestra ha rifatto capolino la politica. Certo, all’inizio si è assistito alle prevedibili anche se talora violentissime accuse contro Scalfaro, «l’arbitro che gioca contro di noi», all’indignazione contro il furto di voti dei parlamentari cossighiani, agli annunci di manifestazioni contro la «congiura di palazzo» in corso di perfezionamento. Ciò rappresenta più che altro un’espressione di emotività politica, e sarebbe stato soltanto il sigillo dell’impotenza del Polo, se Gianfranco Fini non avesse avuto l’accortezza di rilanciare, delineando una prospettiva politica che sembra guardare molto al di là della situazione contingente. Il leader di An infatti ha posto nuovamente sul tappeto il tema dell’assemblea costituente, formulando così una sfida esplicita a Cossiga, storico sostenitore di questa soluzione. Perché la scelta di questa variante tattica? Da parte di Fini c’è la percezione nitida che il disegno di Cossiga potrebbe rivelarsi nel medio periodo molto insidioso per il Polo. Non è un segreto che la «politica tra complici», il patto a termine di cui ha parlato ieri su queste colonne Barbara Spinelli prefigura fin d’ora la nascita di uno schieramento di centro, alternativo al versante socialdemocratico, che avrebbe nel corredo genetico l’intenzione di svuotare il Polo, e l’obiettivo ancora più esplicito di marginalizzare politicamente An. La mossa del presidente di An nasce quindi prima di tutto da un intento autodifensivo. Fini sa bene che se oggi il Polo si autoemarginasse, se coltivasse l’illusione di fare opposizione di piazza e di strada, potrebbe rischiare prima uno sgocciolio poi un’emorragia verso l’Udr. Anche perché Cossiga farà di tutto per dimostrare che questo centrosinistra appena inventato è di fatto una grande coalizione (la più grande possibile nella situazione data), che essa è garantita e rappresentata in primo luogo da lui, e coloro che sono esclusi da questa intesa vanno considerati alla stregua di forze extraparlamentari. Il rilancio dell’assemblea costituente rappresenta quindi qualcosa in più di un messaggio. Se è vero che in politica una delle virtù migliori consiste nella capacità di scegliere gli avversari, Fini questa scelta sembra averla già fatta, e in modo tutt’altro che conformistico. Forse non è una forzatura vedere nella sua ipotesi, nel suo «spunto di riflessione» (come l’ha presentato ai parlamentari del Polo), almeno un pizzico di sfiducia sulla tenuta futura del centrodestra, e quindi un’apertura a soluzioni potenzialmente diverse. Per qualche aspetto, scegliere come avversario Cossiga oggi può voler dire scegliere un interlocutore che domani potrebbe tramutarsi in un punto di riferimento. È un momento in cui vincono i realisti, e Fini non manca certo di realismo. Ha preso atto che l’accordo di D’Alema con Cossiga si profila come qualcosa di politicamente pesante, forse cruciale, che ridisegnerà le linee interne di tutto il sistema politico. Siccome la politica del lamento non è nelle sue corde, comincia a gettare ponti. Potrebbe non ottenere risposte nell’immediato, visto che a questo punto non si vede quale interesse abbia Cossiga a movimentare nuovamente la situazione con l’elezione della costituente. Ma quelle a cui mostra di puntare sono le risposte per il futuro: oltre il Duemila. E chissà, forse oltre il Polo.

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