gli articoli PANORAMA/

POLITICA AL RALLENTATORE

24.10.1996
ATTUALITA' ITALIA
RINCORSA A MAASTRICHT

Tempo, non c’ è tempo. La politica si schiaccia sul presente, senza intervalli fra l’ azione e il risultato. Il governo Prodi ha oscuramente percepito questo appiattimento e ha cercato fin dall’ inizio di neutralizzarlo con la "politica degli annunci": facciamo il federalismo, la riforma della scuola, la semplificazione fiscale, la Finanziaria europea, e tutto ciò come se il segnale di avvio coincidesse automaticamente con quello di arrivo. A suo tempo, il governo Berlusconi aveva creato gli spot governativi, il "fatto!" che doveva comunicare ai cittadini gli effetti concreti dell’ attività dell’ esecutivo. Perché ormai l’opinione pubblica si aspetta risultati immediati, verificabili senza aspettare la macchinosità della procedura legislativa e il burocratismo dell’ attuazione. Si sa da sempre che il tempo in politica è una risorsa strategica. Ma oggi in Italia è anche una risorsa non disponibile. Dopo avere tollerato per quasi mezzo secolo la prevedibilità assoluta, un tempo politico uniforme, praticamente senza scansioni, gli italiani si sono abituati a ritmi politici brucianti, a catene di azioni e reazioni talmente accelerate da risultare incontrollabili politicamente. La prima grande accelerazione si è avviata con le campagne per i referendum elettorali. Si è avuta in quel periodo la sensazione di poter modificare la formula politica in diretta, fuori del circuito di mediazioni dei partiti e del Parlamento. E subito dopo si è avuta la sensazione di poter votare consegnando un mandato vincolante agli eletti. E’ sorta l’ illusione della democrazia diretta, l’ eccitante quanto vacua convinzione di poter governare senza deleghe. Convinzione erronea perché la cosiddetta volontà popolare è pura mitologia politica; ma si può riconoscere che le aspettative messianiche proiettate sul sistema maggioritario avevano diffuso e reso apparentemente plausibile l’ idea di poter trasformare senza mediazioni in azione di governo un programma politico sottoscritto a maggioranza dagli elettori. Che fosse un’aspettativa impropria è dimostrato dalla durata effimera del governo Berlusconi, ma non solo: anche il governo Prodi, insediato da non più di cinque mesi, si è già guadagnato bilanci definitivi, verdetti senza appello. C’ è da chiedersi per quale ragione la psicologia collettiva ha interiorizzato questa impazienza. E’ possibile che un simile atteggiamento sia stato modellato proprio dal ritmo convulso degli avvenimenti a partire dal 1992: Mani pulite, gli arresti quotidiani, la discesa in campo di Berlusconi, il raid elettorale del ‘ 94, il ribaltone, il nuovo scontro elettorale della primavera scorsa, la marcia sul Po: i tempi abitudinari sono stati sconvolti, ogni giorno contiene una novità, un avvenimento, uno scossone, una rivelazione, un trauma; e il sistema dei media riflette e intensifica questo stato di attesa permanente e di esplosioni continue. Rispetto a questo veloce e sincopato ritmo, l’ attività di governo risulta insopportabilmente lenta, come del resto risulta lentissima, su un altro piano, l’attività processuale contro i responsabili di Tangentopoli rispetto alla spettacolare velocità degli arresti e degli avvisi di garanzia. Negli ultimi anni il tempo della politica è diventato il tempo "virtuale" di una campagna elettorale permanente, in cui si portano attacchi fulminei e si fanno promesse febbrili, con il sismografo dei sondaggi che misura in presa diretta il conseguente variare del consenso. Mentre nel tempo "reale" fra due elezioni, cioè nel tempo del governo e dell’ amministrazione, ciò che viene percepito è l’ andamento lento delle mediazioni entro la maggioranza, il gioco di compensazioni e risarcimenti tipico della contrattazione fra le parti, la complessa composizione degli interessi rappresentati dai partiti, e in definitiva la divaricazione sempre più appariscente fra obiettivo annunciato e tempo necessario per raggiungerlo. Si tratta di un problema intrinseco alla politica nelle società contemporanee: cioè società complesse che reclamano soluzioni semplici. E’ un problema a cui le destre di solito offrono come risposta, nelle prime fasi di governo, una serie di provvedimenti shock, capaci di soddisfare la voglia di novità e di esprimere la tonalità programmatica del governo: seguiva questa logica il complesso di misure "espansive" predisposte da Giulio Tremonti all’ inizio del governo Berlusconi. I governi di sinistra invece tendono a scalare nel tempo gli impegni: e sotto questa luce, se c’ è una critica forse non marginale da rivolgere al governo attuale, è di non aver elaborato e presentato un’ agenda, un calendario di programma, dando l’ idea di voler annunciare il tutto e subito e di poter realizzare il poco e chissà quando.

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