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Modello balcani

28/01/2010

Che cosa vuole l’Udc dalle elezioni regionali? Ma è semplice: distruggere il sistema bipolare e tornare al tema della politica dei due forni. Se la domanda è semplice, la risposta è complessa: può riuscirci? Certo, può riuscirci, ma a un prezzo molto elevato, vale a dire la caduta del sistema elettorale italiano. Ne vale la pena? Sono in molti a sostenere che in Italia il bipolarismo «è fallito», con quel che ne segue, ma osservare lo spettacolo delle candidature alle elezioni regionali fa cadere le braccia. Pazienza per le regioni rosse, dove le candidature sono praticamente automatiche, se si esclude la Puglia, regione in cui si è assistito a un duello rusticano, e anche difficilmente comprensibile dall’elettorato locale, fra il presidente uscente Vendola e il sindaco di Bari Emiliano. Ma nel resto delle amministrazioni regionali si sta registrando una confusione assai poco fruttuosa, che sembra preludere a un’autentica implosione della politica. Non c’è neppure il solito alibi che anche queste elezioni si riveleranno un plebiscito pro o contro Berlusconi, e quindi occorrono candidature carismatiche. Per ora, infatti, il capo del governo si è tenuto fuori dalla mischia, limitandosi a incassare il consenso derivatogli dall’aggressione in piazza del Duomo e lasciando alle forze politiche e parlamentari la gestione della vicenda relativa al processo breve, all’immunità e al Lodo Alfano costituzionalizzato. Tutto questo tuttavia getta una luce sinistra sullo sviluppo della politica italiana, soprattutto se si pensa alla prossima istituzionalizzazione del federalismo. Una politica gestita senza un’organizzazione centrale efficiente può apparire "moderna" e "post-politica", ma può poi rivelarsi fuori dall’organizzazione ufficiale del sistema dei partiti e inefficiente dal punto di vista politico. In secondo luogo, occorre considerare l’ideologizzazione dei partiti e delle coalizioni: all’interno di realtà regionali e locali. È necessario infatti perdere le caratterizzazioni ideologiche, e mantenere perlopiù le caratteristiche culturali, ma radicare il più possibile le strutture di partito nelle realtà locali. Altrimenti si perde di vista la realtà autentica del partito: che oggi rischia di diventare una serie di partiti personali, gestiti in forma leaderistica, caratterizzati soltanto dal riflesso del capo carismatico. È anche possibile che non ci sia rimedio. Che il futuro appartenga a uno schema in cui la Polverini debba per forza affidarsi all’alleanza ideologica con l’Udc, e che in Campania il centrodestra debba cercare un candidato come Stefano Caldoro, inviato speciale del Cavaliere. Sarebbe la balcanizzazione della politica. Di cui ci sono significativi esempi in Europa (nella Repubblica Federale Tedesca in particolare, con la frattura del partito socialdemocratico). Ma non si può invocare il mal comune mezzo gaudio. Occorre tenere in vita la politica e anche i partiti. Altrimenti non c’è soluzione, se non il grande crollo. Che non farebbe comodo a nessuno.

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