gli articoli L'Espresso/

Moana troppo fiction

16/12/2009
TELEVISIONE

La miniserie in due puntate dedicata da Sky a Moana Pozzi, classificata come "evento" televisivo, starring Violante Placido, è stata accolta da critiche in genere negative. Forse era inevitabile, perché è vero che la vita e la tragica scomparsa della pornostar hanno emozionato a suo tempo il pubblico italiano. Ma in sé e per sé le pornodive non hanno storia. Da parte sua, Moana ha avuto il destino di entrare a contatto con la politica, e con uno dei più importanti leader degli anni Ottanta. Ma, se si dovesse riassumere la sua vicenda umana, si avrebbe più che altro la sintesi di una donna di spettacolo, sempre ammesso che di spettacolo vero si possa parlare. E si intuisce facilmente che con lo spettacolo è difficile raccontare fino in fondo una storia. In secondo luogo l’avventura umana di questa showgirl del sesso è stata caratterizzata dalla sua vitalità a suo modo culturale, fatta di parole e filosofie spesso esoteriche; nonché dalla sua tragedia personale. Basta tutto questo per realizzare una fiction? Non è detto affatto. Il regista Alfredo Peyretti ha cercato di dare corpo al mito di Moana, giocando sugli abiti e le svestizioni, i costumi e le curve, ma anche le parole e il carisma. Evidentemente non è bastato. C’era un livello zero di narratività. Forse Moana era troppo unica, ingente, esagerata, per poter essere raccontata da un film televisivo, ed era troppo poco tridimensionale per risultare effettivamente attrice e protagonista della propria vita e della propria professione. Esisteva come una Jessica Rabbit, fantasma del piacere, spettro lento e gentile della lussuria immaginaria. Raccontare un fantasma non è mai facile.

Facebook Twitter Google Email Email