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LA SCONFITTA DELL’ ULTIMO BARSPORT

15/10/2009
CULTURA
Il nuovo romanzo di Stefano Benni riprende un suo tema classico Stavolta l'epopea ironica e perdente di un caffè emiliano è l'emblema della resistenza alla modernità E regala personaggi alla Zavattini

Emilia benedetta , Emilia maledetta. Alla fine nessuno scrittore sa resistere al sortilegio di questa terra. Delfini, Guareschi, Zavattini. Realismo magico in umore padano, fra terra e acqua di fiume, meccanica e gastronomia, estati e nebbie. Nemmeno uno scrittore quasi metropolitano come il bolognese Stefano Benni riesce a sfuggire all’ incantesimo: esce in libreria il suo nuovo romanzo, Pane e tempesta (Feltrinelli, pagg. 252, euro 16), e si fa fatica perfino a definirlo. Un libro comico? L’ equivalente in forma scritta di un murale naïf?O piuttosto una storia pazza, che prende e divaga a piacere scherzando narrativamente con il lettore? Sarebbe inutile approfondire la trama, per la verità esilissima. Basti sapere che c’ è un paese, Montelfo, adagiato in una sua soddisfatta premodernità, che viene minacciato da una immane speculazione edilizia e commerciale. Come dice il sindaco Velluti, ringhiando contro una destra ottusa, «la sinistra ha risposto con una mossa concreta (…). Vi ha spiegato che potete essere proprio come loro. Potete vedere le loro stesse trasmissioni televisive, parteciparvi, non leggere, non istruirvi, prendere tangenti, restare al vostro posto quando siete inquisiti». È il pessimismo politico di Benni, che potrebbe portare a moralismi fastidiosi. Ma ci sono appositi esorcismi: nel cuore del paese c’ è anche il Bar Sport, forse un parente del primo e leggendario Bar Sport di Benni, e di sicuro un emblema della resistenza alla modernità improvvisa che si manifesta sotto il segno livido di ipermercati, spazi commerciali in concessione, luci, rumori e suoni della post-civiltà. Questa resistenza all’ irruzione di ruspe e martelli pneumatici è l’ occasione per allestire un inesorabile teatro popolare, che mette in scena praticamente tutti, diconsi tutti, gli abitanti di Montelfo, dal Nonno Stregone, lo splendido settantenne, coscienza del paese, che ogni mattina al risveglio compie «le ventisette operazioni della civiltà umana», a tutti gli umanie disumani frequentatori del bar. La cifra di Benni è infatti l’ iperbole. Ogni personaggio possiede una caratteristica individuale irrinunciabile e unica, che lo rende peculiare e subito riconoscibile. Il talento dello scrittore bolognese nel mettere fori dal sipario i protagonisti della sua piccola saga è invidiabile. Siamo davanti a un epos popolare che gioca con il possibile e l’ impossibile, l’ antico e il futuribile. Si avverte l’ istinto praticamente infallibile dello scrittore umoristico, ma nello stesso tempo anche la capacità, questa sì analoga ai racconti di Zavattini, di proiettare le sue figurine in un mondo altro, dove vigono regole diverse da quelle nostrane. Per questo il romanzo prende pieghe e svolte inaspettate. A ogni curva ci sono svariate digressioni, alcune che fanno tornare alla mente gli interludi comici del primo Guareschi (indimenticabile per gli aficionados l’ intermezzo sudamericano in Il destino si chiama Clotilde ), in cui tuttavia emerge la "filosofia" di Benni. Una visione politicamente scorretta, perché non riformista, e anzi si direbbe deliberatamente reazionaria. Per la logica interna di Pane e tempesta, un bosco e un ruscello, popolati inopinatamente da appositi gnomi ed elfi, più qualche amichevole dropout che vive selvaticamente in una capanna, hanno un valore infinitamente più grande di qualsiasi operazione mercantile e di ogni grande e "democratica" speculazione edilizia e commerciale. È un racconto, quello di Benni, in cui sulla comicità incombe, e la si avverte di continuo, una tragedia. Con ogni probabilità il paese di Montelfo verrà spazzato via, e con lui tutte le culture di tutti i Bar Sport del mondo. La post-civiltà ha già vinto, e tutti gli innumerevoli personaggi di Pane e tempesta sono destinati a scomparire, o meglio a addormentarsi per sempre sul profilo di un paesaggio destinato a rendersi irriconoscibile. Le irresistibili figurine di Benni continueranno forse a vivere in una palla di vetro con la neve, per raccontarci storie passate, e per mostrarci com’ era il mondo prima della grande trasformazione: un romanzo di nostalgie, di cose trascorse, di sentimenti che non hanno più una piccola patria, neppure nell’ Emilia favoleggiata delle estati e delle nebbie.

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