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IL BONUS DI MONSIGNORE

14/09/2009
R2
LUNEDÌ

Papa Ratzinger si è rivolto alla comunità ecclesiale segnalando che nella chiesa ci sono diverse persone in posizioni di responsabilità «che lavorano per se stesse e non per il bene comune». In sostanza, vescovie alti prelati sembrerebbero avere una visione manageriale della loro missione (o "mission", come si diceva prima della crisi economica) e più che all’ evangelizzazione si dedicherebbero alla ricerca del successo personale. Anche questo è un segno dei tempi: una volta i vescovi erano figure ispirate dalla carità, estranee alle logiche di potere. Soltanto personalità sulfuree, cioè in odore di zolfo, si occupavano di carriere e di trame politiche, nei sacri e segreti corridoi. Se adesso prevale l’ idea che i pastori non devono curare il gregge, bensì la loro posizione nella gerarchia, come se il risultato della loro azione pastorale fossero i bonus ad personam, alla stregua dei banchieri, non ci sono speranze. Già si sono sentiti autorevoli prelati, come l’ arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi, usare ripetutamente la parola "governance". Se si va avanti così, si rassegni Benedetto XVI, vedremo principi della chiesa che alla richiesta di una benedizione risponderanno: «Si rivolga al mio procuratore».

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