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Farabutti Tutti insieme nella piazza-web

11/10/2009
LA DOMENICA DI REPUBBLICA
l' attualità / Partecipazione

Sarà la voglia di metterci la faccia. O più semplicemente di esserci, di farsi vedere. Il fatto è che non ci sono più, o si sono rattrappiti nell’ insignificanza, i luoghi che una volta creavano le comunità, cioè le sezioni dei partiti, le associazioni culturali, i centri di dibattito, le parrocchie. E quindi viene naturale cercare altri luoghi e altri strumenti per la polis. Da questo punto di vista, il web è un luogo infinito, una dispersione, una galassia inflazionaria. Ma nello stesso tempo è un’ opportunità continua: i "farabutti" possono cercare una contiguità psicologica, presentare il proprio volto per dire con ironia o insofferenza «noi siamo qui». Ed è su quel "noi" che conviene interrogarsi. Facce giovani, finalmente, a dimostrazione che un orientamento politico, anche un semplice "no", può trovare uno strumento di autorappresentazione nell’ universo proliferante di internet. Come diceva Giorgio Gaber qualche decennio fa? «La libertà è partecipazione». Era forse già un’ illusione allora, quando comunque la politica era fatta di grandi assemblee, di fabbriche pronte a mobilitarsi, di cortei tambureggianti nelle città, di proteste collettive che facevano appello alle identità politiche. Era l’ epoca nella quale la classe operaia poteva pensare di raggiungere il proprio paradiso, e il soggetto della partecipazione, e della contestazione, era facilmente definibile. Mentre oggi la partecipazione è un concetto sfuggente, addirittura scivoloso: infatti si può apparire per esserci. Una delle finzioni più potenti, l’ apparenza, riesce a trasformarsi in sostanza politica, a creare quel "noi" che sempre più raramente si riesce a creare con l’ esserci. Certo, talvolta le folle riescono a mostrarsi, come di recente è avvenuto a Roma, in piazza del Popolo, con la manifestazione per la libertà d’ informazione. Ma l’ apparire sul web, in una colossale manifestazione di massa nell’ era internettiana, è infinitamente più leggero rispetto alle iniziative di piazza. C’ è minore impegno, non c’ è dubbio, ma c’ è tuttavia un’ intenzione riscontrabile, definibile, leggibile, quindi concreta e concretamente realizzabile. Il "farabutto" singolo, demonizzato da un potere prepotente e lontano, decide di ritrovarsi in una comunità, o meglio in una community. Condivide uno sberleffo, mette a disposizione di tutti una creatività contestatrice. Esibirsi, mostrare il proprio volto, significa allora offrirea tutti gli altri frequentatori del web una parte della propria intimità intellettuale. Vuol dire "scoprirsi", lasciar cadere il velo del pudore imposto dalla quotidianità, accettare il piccolo scandalo della messa in comune della propria faccia, cioè della propria identità formale. Sarà una politica in formato tessera, o meglio nel protocollo informatico "jpg", ma è un’ invenzione meravigliosa della nostra tarda modernità. Ogni immagine costituisce una sorpresa e insieme un riconoscimento: nella folla dei "farabutti" sembra sempre di individuare un volto, qualcuno che si conosce, un amico, un’ amica. Ed è anche per questo che ogni fotografia genera un sorriso. Ci si ritrova insieme: la società atomizzata delle metropoli siè proiettata nell’ universo virtuale ritrovando così un senso appropriato alla condizione che sta vivendo, all’ opposizione che sta praticando, alla protesta che esprime. Sono giovani, donne, sono individui che cercano nell’ anomia contemporanea una radice e una ragione. Che questa ragione e questa appartenenza vengano trovate nel mondo imprendibile del web è il segno di una metamorfosi: un cambiamento così profondo da poter essere affrontato solo con grandi e felici esperimenti collettivi. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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