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Effetto D’Alessio di Edmondo Berselli

31/03/2010
TELEVISIONE

Nessuno nutriva soverchie illusioni sui risultati del programma di Gigi D’Alessio per Raiuno. Per capirci: D’Alessio è considerato un prodotto di serie B, che non ha una caratura nazionale. E allora come è stato possibile che la trasmissione abbia raggiunto ascolti molto alti, premiando il progetto di Michele Bovi, che sembrava privo di speranze? Vediamo un po’. Gigi D’Alessio è bruttino, pelatino, canta che sembra un’imitazione di Claudio Baglioni, ma ha qualcosa di inesorabile. La sua musica è fatta apposta per essere ascoltata come sfondo, in quanto non ha pretese artistiche. Sono canzoni semplici, o semplicissime, che si ascoltano senza troppo impegno. Canzoni che assomigliano ad altre canzoni, non danno fastidio, e se uno le intercetta non prova insofferenza. Poi ci sono i fan, i veri aficionados di Gigi, i quali sono irragionevolmente convinti che D’Alessio sia un grande artista. Lui sta davanti al pianoforte e si sgola, cantando la sua musica di maniera. Ma non c’è solo questo: nella sua trasmissione c’erano numerosi ospiti, tutti di classe, c’era ritmo, velocità. Il che vuol dire forse qualcosa di importante: che si può fare un programma molto tradizionale, trovando una formula che riprende il passato ma lo modernizza. Tanto gli spettatori ci sono, basta scovarli e inchiodarli davanti al piccolo schermo. Per certi aspetti è sufficiente andare a caccia delle cosiddette "pensionate di Torre del Greco", che hanno voglia o bisogno di show molto convenzionali. A suo modo è un ritorno al passato. Ma se è fatto con decenza, con professionalità, con apertura, ben venga anche Gigi D’Alessio, con le sue canzonette.

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