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BENTORNATA VECCHIA ITALIA

14.02.1997

Si sciolga l’epinicio per l’Italietta che espugna il tempio di Eupalla con sommo disdoro degli albionici. Ci hanno anche fischiato l’inno, come mattocchi mediterranei, tradendo indecorosamente il fair play. Ma non importa. L’altra sera su Wembley non aleggiavano le formule del teoreta di Fusignano, ma il pragmatismo insigne di Rocco, Valcareggi, Bearzot, e anche, se non si offende, del grande vecchio di San Zenone Po, Gioannbrerafucarlo. Quindi niente eretismo podistico, niente squadra corta e magari gol presi comicamente in contropiede (gol in contropiede! a noi!). Ma sì invece alla praticità della scuola italiana, codificata nell’imperativo safety first, primo non prenderle. Per chi aveva patito la triste scienza della Zona pura, vedere Dino Baggio piantato ad personam su un frillo inglese dedito al culto del dribbling è stato un autentico regalo degli dei. È stato un salto all’indietro nel tempo, un bagno di gioventù. Mancava Rombo di tuono, dici: ma no, era lì in panchina, come accompagnatore. E mancavano gli eroi di una quarto di secolo fa, il greve ma generoso Chinaglia, la geometria compassata del gran bisiaco Capello. Ma per il resto non mancava niente. Le barricate, i palpiti. Ma da quanto tempo non capitava di anfanare per tutto il secondo tempo implorando il fischio finale, con il cuore strangugliato mentre gli inglesi producevano il loro veemente forcing? (Ottuso anzichenò, il suddetto forcing: epperò ancora una volta, in tempi di cieco pressing imperante, io non ho potuto fare a meno di ammirare lo stile ordinato con cui ripiegavano senza intralciare la rimessa altrui, come se una superiore civiltà gli avesse insegnato che se vuoi vincere devi contare sulle tue forze, non sugli errori indotti fastidiosamente alla difesa avversaria). Eccoli gli italianuzzi di sempre. Ed ecco di nuovo la squadra femmina, che aspetta l’attacco avversario per pararlo e contrarlo. Non si sono fatti neanche ammonire, segno che la praticità qualche volta va d’accordo con la lealtà sportiva. Adesso aspettiamo i cacaminuzzoli, che censureranno la qualità della prova. Hai voglia: perché quando si è visto il lungo lancio di Costacurta, e il controllo aereo dell’omarino sardo, Zola dico, io ho strillato al gol prima ancora del tiro, e non importa se quel prodigio balistico è stato incarognito dalla deviazione del suo marcatore. Io sciolgo il mio canto di vittoria, cara vecchia Italia. Adesso i critici strologheranno se l’abbiamo rubata, ma il vecchio Maldini, con quella tinteggiatura irrealistica sullo scalpo, esibita come una soave impudicizia, opporrà la sua furba balbuzie e la pratica difesa del luogo comune. Saluto anche lui, lo stilista eccelso capace a suo tempo di sovrane ed elegantissime distrazioni. Non si distragga ora, e non imbullisca, perché gli italiani tutto sanno perdonare fuorché il successo. A chi gli dirà che la vittoria di Wembley è stata il risultato di un clamoroso colpo di glutei, risponda citando Napoleone e i generali fortunati. Tanto, domani è un altro giorno, un’altra partita, un altro sogno del bel calcio che fu: e per la sfortuna, o il disculo, c’è sempre tempo.

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