gli articoli LA STAMPA/

LA TERZA VIA LASTRICATA DI SPINE

24.09.1998
SOCIETA' E CULTURA
DISCUSSIONE. Il guru del New Labour duramente stroncato dall'"Economist"

Come si stronca un guru? Per saperlo basta leggere il giudizio che l’Economist ha dedicato al libro di Anthony Giddens The Third Way, mandato nelle librerie inglesi dall’editrice Polity Press a metà settembre. Va da sé che espressioni come «terza via» sembrano fatte apposta per attirarsi le stroncature, anche in tempi di centrosinistra «mondiale». Ma Giddens non è un intellettuale qualsiasi: dopo una lunga militanza accademica a Cambridge, che lo ha imposto come uno dei migliori sociologi contemporanei, è diventato il direttore della London School of Economics, e uno degli ispiratori principali di Tony Blair e del New Labour. L’Economist non ha avuto dubbi: «Questo libro è tremendamente, magistralmente e per certi aspetti disturbantemente vacuo». Il fatto è, scrive la bibbia liberista, che la terza via fra socialdemocrazia e neoliberismo non è solo una chiacchiera da salotto per intellettuali, è diventata anche la dottrina filosofica semiufficiale del partito laborista, e ha fatto da sfondo al «curious political seminar» newyorkese con Clinton, Blair e Prodi. E quindi va presa sul serio, magari per registrare che la terza via di Giddens è lastricata di genericità: cosicché alla fine di 170 pagine di aria fritta, fumosità, «appelli convenzionali alla virtù civica», rimane solo un criterio accertabile: «in base a questo libro, la terza via è qualunque cosa faccia il New Labour». Propaganda, insomma. Che cos’è, malizia politica, faziosità anti-blairista, taccagneria conservatrice verso l’aerea generosità intellettuale del teorizzatore del «realismo utopico»? Certo, lo sberleffo dell’Economist è distruttivo. Ma per capire qualcosa in più su questa polemica, conviene fare un passo indietro. Praticamente tutto ciò che è contenuto in The Third Way trova la sua matrice in un altro libro di Giddens, Oltre la destra e la sinistra, uscito nel 1994 e presentato in Italia un anno fa dal Mulino. Un saggio in cui, secondo il manifesto, il sociologo inglese compie una vera e propria elaborazione del lutto per la "morte" del socialismo in tutte le sue versioni». Oltre la destra e la sinistra nasceva dalla consapevolezza secondo cui nel mondo attuale «il conservatorismo fattosi radicale si oppone al socialismo divenuto conservatore». Preso dentro questo rovesciamento, Giddens elaborava il suo discorso filosofico-politico del «centro radicale»: ci accingiamo a vivere nell’era della «post-scarsità», nel regno dei valori «postmaterialisti» analizzato da Ronald Inglehart. In questa prospettiva, e «in un universo sociale in cui i possibili futuri non solo sono costantemente valutati rispetto al presente, ma contribuiscono attivamente a plasmarlo», le categorie politiche classiche appaiono insignificanti. Nel futuro universo sociale pensato da Giddens, e quindi in parte già oggi, la politica deve intervenire sugli squilibri di potere piuttosto che sulla distribuzione del reddito, e poi sul decentramento dei livelli di governo, sulla presenza di povertà; il welfare deve diventare «positivo» (incorporando il rischio anziché offrendo una tutela) e la dimensione ecologica acquista un rilievo cruciale. Ci dev’essere effettivamente un sortilegio nella London School of Economics, se è vero che un famoso ex direttore della scuola, Ralf Dahrendorf, ebbe a dire che essa «ha sempre vissuto sul rischioso crinale dove si incrociano l’ambizione di comprendere le cose e l’ambizione di cambiarle». Per Giddens, che per più di vent’anni è stato apprezzato anche come quadrato costruttore di manuali sociologici, questo sortilegio si è espresso con la maturazione di interessi non convenzionali (a cominciare dal saggio dedicato nel 1995 a La trasformazione dell’intimità), per finire pericolosamente in politica con «la terza via». Questo suo ultimo e controverso libro va preso innanzitutto per quello che è, non per come lo hanno salutato i critici più sbilanciati a sinistra: non una grande opera di teoria ma un prontuario divulgativo. All’incirca «tutto quello che avreste voluto sapere sulla terza via». Con tanto di riepiloghi, di elenchi, di box. Tutto questo per provare a dare struttura e sostanza ad argomenti ad un tempo pesantissimi e leggerissimi. Perché il mondo contemporaneo, dice Giddens, è dominato e permeato da cinque dilemmi: la globalizzazione, il nuovo individualismo, il binomio destra/sinistra, il ruolo della politica, il tema ecologico. Questi cinque dilemmi (che l’Economist naturalmente fa a pezzi: «perché cinque e non quattordici, o altri cinque dilemmi differenti?») interagiscono intensificando a dismisura il loro effetto: la globalizzazione attacca lo stato-nazione e plasma il nuovo individualismo, che mina la solidarietà meccanizzata del welfare, mentre si profilano aree di rischio, come quello ambientale, su cui l’individuo non può nulla, gli stati-nazione possono poco, e rispetto al quale la contrapposizione destra/sinistra finisce per rivelarsi irrilevante. Il programma della terza via, ridotto a un elenco, è una serie di formule che hanno il pregio di irritare qualsiasi mentalità conservatrice, o semplicemente abituata a ragionare in termini fattuali. Che cosa vuole dire «società civile attiva», «nuova economia mista», «nazione cosmopolita»? Sono termini politicamente significativi o solo buoni auspici, wishful thinking progressista, buonismo postmoderno? L’ironia dell’Economist ha fissato l’intollerabile leggerezza delle categorie interpretative di Giddens. Ma forse la critica in questo caso è stata troppo facile. L’errore del sociologo inglese, semmai, è stato quello di portare le sue dottrine analitiche al livello di un manifesto politico: mettendo insieme in tal modo l’apoditticità del pamphlet e la rarefazione del teorico. Con il risultato di sembrare, alla fine, sicurissimo di sé e irrimediabilmente generico: cioè senza accorgersi che unendo una virtù accademica a un vizio politico non si fa molta strada, neanche sulla terza via.

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