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GENEROSE AMNESIE

21/11/2009

AVEVANO promesso di adottare 45 monumenti, dopo il terremoto dell’ Aquila, e poi se ne sono dimenticati. Un buco nella memoria. Soltanto dieci dei monumenti aquilani infatti hanno ricevuto "promesse" di finanziamento, da parte di Francia, Germania, Russia e, vedi un po’ , il Kazakistan. Vedremo nel tempo se le promesse si avvereranno. Per il resto, tutto tace. Tace l’ America di Obama, tacciono gli altri. Quella che il ministro Sandro Bondi aveva ottimisticamente definito la nostra «lista di nozze» resta più o meno lettera morta. Per questo il consiglio regionale dell’ Abruzzo, con una mozione bipartisan ideata dal presidente Nazario Pagano, si è rivolto al ministro degli Esteri, Franco Frattini, perché si attivi con le ambasciate mondiali, in modo che i famosi "grandi della Terra", per ora piccolissimi, rispettino le promesse fatte al G8, davanti alle macerie che impressionarono tutti. A modo suo, questa vicenda locale ha un carattere esemplare e globale. In primo luogo perché testimonia della facilità superficiale con cui nelle occasioni solenni i leader accettano di mostrarsi generosi, almeno a parole. Visto per esempio Silvio Berlusconi, al vertice della Fao, parlare di miliardi di dollari programmati contro la fame e la malnutrizione, mentre l’ assemblea riunita a Roma ha dovuto constatare una drammatica mancanza di finanziamenti. E in secondo luogo il caso dell’ Aquila ha un rilievo anche simbolico, perché dimostra urbi et orbi che lavorare per la cultura è un compito difficile, complicato, spesso privo di esiti concreti. Risulta facile la politica degli annunci, specialmente sull’ onda dell’ emozione collettiva; molto meno facile è tenere fede alle promesse dichiarate pubblicamente. Tutto questo, ossia un episodio tutto sommato modesto nelle vicende mondiali, acquista un valore elevato perché mostra al popolo, senza filtri né mascherature, la scarsa credibilità dei grandi. Ci saranno di mezzo burocrazie e dimenticanze, le opacità degli organismi statali, ma il risultato è uno soltanto: la percezione di massa che le parole prevalgono sulle cose. E quindi il risultato possibile è il convincimento che quando si parla di arte, architettura, ricostruzione urbana, recupero di un patrimonio distrutto, conviene sempre promettere molto più di ciò che si vorrà mantenere. Poi si potrà contare sulla disattenzione susseguente di tutti. Terminato l’ effetto annuncio, tra i flash dei fotografi e il luccichio anche mondano del summit internazionale, che cosa rimane, al di là della ricognizione deprimente delle rovine urbane residue e intoccate? Resta l’ impressione di un chiaro cinismo mediatico, giocato con i sorrisi d’ occasione e un senso evidente di complicità fra i partner. In fondo, mentre annunciano e promettono,i "grandi della Terra" sono già pronti a dimenticare ciò che hanno detto. Tanto, si tratta di cultura, anche se incorporata nelle cose, negli edifici, nei monumenti, in quella che era la vita reale di una città e di una polis. Probabilmente tenere fede alle promesse non paga. O non paga abbastanza in rapporto agli annunci. Bonificare qualche milione di euro per ricostruire i monumenti dell’ Aquila, dal Palazzo della Prefettura alla Cattedrale, è assai più deludente dell’ euforia con cui gli impegni erano stati presi pubblicamente, nel clima glorioso del G8. Alla fine, resta più che altro la disillusione. Quel senso talvolta inesprimibile e disarmante secondo cui le decisioni, anche quelle non prese, passano sulla testa di tutti. E che, in fondo, anche di questa cultura incardinata nelle pietre, e nel disegno materiale di una città, si può fare a meno. Basta avere davanti a sé giusto il tempo per un’ amnesia. Lavorare per la cultura è difficile Risulta facile la politica degli annunci, molto meno facile è tenere fede alle promesse fatte in pubblico

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