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MEGLIO FARE I RIFORMISTI

16.05.1996
IDEA DELLA SETTIMANA
BLOW UP

Si deve a Fausto Bertinotti il ripescaggio di una vecchia battuta secondo cui in Italia fra rivoluzionari e riformisti non c’ è alcuna differenza, perché gli uni non fanno la rivoluzione e gli altri non fanno le riforme. Resterebbe solo da citare l’autodefinizione di Leo Longanesi, "conservatore in un Paese in cui non c’ è nulla da conservare", e poi l’equazione sarebbe totale, e l’identità antropologica italiana sarebbe perfetta, nel senso naturalmente di Tomasi di Lampedusa. Condannare il Pds e il centrosinistra per intrinseco conservatorismo è un’operazione di facile riuscita se si assume che il centrodestra rappresenti l’innovazione: il che invece è pura mitologia, così come il kennedismo di Walter Veltroni e le spigolature liberali di Gianfranco Fini. O meglio: il Polo, nelle sue varie componenti, rappresenta una netta discontinuità rispetto ad alcune dimensioni della democrazia italiana, come l’antifascismo. Ma questa discontinuità agisce soprattutto in direzione di una rottura delle norme istituzionali. E solo sotto questa luce si può riconoscere che di fronte alle cautele di Massimo D’ Alema e alle resistenze di Gerardo Bianco il forcing presidenzialista del Polo era dirompente. Ma si può credere che il cambiamento si incarni nella contrapposizione al vecchio di forme istituzionali alternative? Quando vengono giocate a freddo, le riforme costituzionali sono magia, auspici, simboli, strumenti di pressione pubblicitaria. Perché è senz’ altro vero che il Polo è più presidenzialista e l’Ulivo molto meno, ma se ciò bastasse a definire chi è il conservatore e chi l’innovatore, sarebbe sufficiente l’invenzione di una qualsiasi bizzarria istituzionale per configurare gli oppositori come ciechi nemici del nuovo. E invece è impossibile attribuire il peccato di conservazione a una parte sola. L’Ulivo è sicuramente atterrito dall’idea che intervenendo sulle incrostazioni del socialismo reale all’ italiana si sfaldi con la ruggine tutta l’intelaiatura della nostra società. Il Polo, poi, è una incongruenza: aveva senso finché era costituito di due diverse coalizioni, una per il Nord e una per il Sud, con Forza Italia a fare da chiave di volta fra leghisti e postfascisti. Il ribaltone ha indotto Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini a un’alleanza unica che al Nord ha reso il liberismo di Forza Italia una burletta, e al Sud il liberismo di An una finzione retorica. Siccome dopo il declino della Destra storica il nostro Paese non ha conosciuto un blocco conservatore come vorrebbe Indro Montanelli, con il culto del bilancio in pareggio, della solidità istituzionale, della sobrietà dei comportamenti, e si è smarrito quindi lo stampino di una tradizione politica, il conservatorismo si è disintegrato, ricadendo qua e là. Tutti in realtà vogliono conservare qualcosa, ma questo qualcosa non è riassumibile in un programma di parte. Forza Italia è conservatrice rispetto alla memoria del contratto Dc-Psi, An rispetto al pubblico impiego e alla "socialità", il Ccd-Cdu rispetto all’eredità scudocrociata, Popolari e Pds rispetto alla Costituzione e allo stato sociale, Rifondazione comunista rispetto al socialismo antagonista. E perfino la Lega è conservatrice verso le municipalità valligiane e i presepi comunitari del Nord-Est. Uno spirito utilmente scettico può anche pensare che la rottura di paradigma operata a suo tempo dal neoconservatorismo liberista appaia oggi un reperto archeologico e l’economia "supply side" fosse un’ottimistica traduzione del marketing in politica economica. Succede: John Maynard Keynes sosteneva che i programmi economici sono plasmati dal pensiero di "idéologues" dell’economia morti e sepolti da decenni. Non ci sarebbe perciò da stupirsi, e anzi sarebbe un ottimo esercizio di flessibilità intellettuale (perché vale sempre la pena rinunciare a qualche idea prediletta), se dopo le nostre varie rivoluzioni si ricominciasse a pensare al riformismo come a una frontiera da riscoprire. Perché un’asciutta politica riformista è l’unica garanzia di avere dall’altra parte conservatori credibili.

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